martedì 20 novembre 2007

Il dono dell'accompagnamento spirituale (II): l'accompagnato e l'accompagnatore.

Il carisma ed il ministero dell’“accompagnatore” è di colui che entra in relazione con un “accompagnato” avendo consapevolezza e intenzionalità di fare da guida – restando il Signore l’unico Maestro – e di aiutare la persona che accompagna a trarre fuori da sé quella predisposizione, dono dello Spirito, a divenire – attraverso l’ascolto attento della Parola di Dio all’interno della sua Chiesa – pienamente se stessa, ovvero pienamente immagine e somiglianza di quel Dio Padre che l’ha chiamata alla vita secondo un progetto unico ed irripetibile da realizzare in questa meravigliosa relazione fra la creatura ed il suo Creatore nella Chiesa e nel mondo.
L’accompagnatore entra in gioco, nella relazione con l’accompagnato, con tutto se stesso, un “tutto se stesso” umano e spirituale che può avere molti significati, ma che non può prescindere dalla temperanza, dalla fortezza, dalla prudenza e dalla giustizia, virtù stabilite nel proprio cuore dalla grazia dello Spirito.
L’accompagnatore non è tale per una dote particolare – per una differenza, perché è più probo o più pio etc. –, quanto per la propria risposta, libera e responsabile, alla chiamata dello Spirito nell’assumersi un servizio offerto – entro un cammino di discernimento da lui stesso compiuto e che ne ha fatto emergere la Grazia ed il “carisma” – all’intera comunità: “essere” accompagnatori è – a sua volta – un cammino di maturità umana e spirituale in continuo divenire.
In altri termini, si è accompagnatori solo con una storia nella quale si è riconosciuto Dio artefice e protagonista. E’ la Sapienza – parola biblica dello Spirito provata dall’uomo esistenzialmente – il tracciato entro il quale si muove chiunque accompagni, così che sapienza e cammino alimentino sempre una fede che chiede di essere sempre più accresciuta.
L’accompagnatore è tale in virtù della “legge” che incarna, della “Torah” che impartisce nel suo essere Giobbe, il salmista, od uno dei profeti - Elia, Isaia, Geremia, Amos, Osea, Michea, Giovanni il battista etc. – fino a sentirsi investito del discepolato alla maniera di Gesù che – tramite la nostra mediazione – dal dono della Pentecoste ad oggi continua inesauribilmente a condurre verso il Padre tutta l’umanità.
C’è dunque un “uscire” sia dell’accompagnatore che dell’accompagnato, guidati entrambi da un progetto che è l’intenzione dello Spirito nell’aiutare ad ordinare tutti i frutti germinati dai semi lasciati dal Signore nell’arco di ogni storia personale e che passa instancabilmente un’infinità di volte nell’arco della nostra vita.
L’accompagnatore è “imperfetto”, ma in questa imperfezione – in questo suo essere peccatore – si manifesta l’eccellenza dello Spirito, espressione – in colui che accompagna, quanto in colui che è accompagnato – del “timor di Dio”, segno tangibile dell’autorevole presenza divina, paterna e misericordiosa, che agisce nell’umiltà della sua creatura prediletta.
In ogni accompagnamento è la “persona” – accompagnato/accompagnatore – ad esser messa in discussione ed è in questa dinamica di sempre maggior umiltà che vive l’accompagnatore, in quanto nella medesima dinamica si è anche accompagnati dal medesimo Spirito. Solo così si è davvero servi “distaccati” della Parola, affinché la Parola stessa possa efficacemente essere spada e balsamo per chiunque, trafitto dalla potenza di Dio, sente l’inesauribile Voce dell’Amore.
L’accompagnato/accompagnatore nell’abbattere le sue difese di fronte a Dio – e alla forza del suo Spirito – si trova solo, per cui colui che si lascia guidare dallo Spirito raggiunge la maturità spirituale solo se in costante equilibrio con la crescita umana. Non necessita di essere perfetto, ma di sperimentare – nel suo essere fragile e peccatore – la Grazia del Signore nell’affidarsi continuamente alla Misericordia di Dio, unica guida certa ed indefettibile. E’ nel lasciare al Signore il dominio del cuore – tramite lo Spirito che porta la sua pace e la spada – che è possibile acquietare gli spiriti turbolenti che imperversano nel nostro animo, mettersi al secondo posto, dietro Gesù, e camminare verso la casa del Padre allo stesso modo dei discepoli.
L’accompagnato/accompagnatore è colui che pensa di diventare “adulto” nella fede, nella maturità dello spirito ed in quella umana, facendo come i discepoli di Cristo che lo sono diventati in virtù di una conversione successiva al dono della Pentecoste e per questo nell’avere imparato a diventare bambini in età adulta. L’accompagnato/accompagnatore è colui che fa l’esperienza di una costante conversione. E’ solo così che l’accompagnato/accompagnatore si rende disponibile allo Spirito dono del Padre per mezzo del Figlio e lo rintraccia in tutto se stesso ed in tutto il “se stesso” di chi gli è accanto e di fronte.
L’unica mèta che l’accompagnato/accompagnatore umanamente ambisce di raggiungere è la “guarigione” come il ritorno di quell’armonia perduta che dominava nel giardino di Eden prima del peccato da dove ogni storia personale e comunitaria parte e può sempre ripartire.

Nel Giardino di Eden nessuna creatura è perfetta in se stessa se staccata dal suo Creatore. Nell’abbandono di Dio - ma nascosto ancora dentro al Giardino per farsi ri-cercare continuamente da ogni creatura amata - frutto del peccato da parte dell’uomo, ogni uomo può ancora ascoltare la Voce del Creatore grazie a Gesù, il Cristo, il giardiniere che riconsegna all’uomo – in una continua azione di grazia – una vita piena e spirituale degna, ripulita dal peccato per mezzo della sua gloriosa manifestazione sulla Croce.

L’accompagnato/accompagnatore torna sempre al “principio”, perché è colui che continua a convertire tutto se stesso al Signore – al suo Dio e al suo tutto – ripartendo ogni volta – come nel Vangelo secondo Marco – dalla Galilea, mettendosi definitivamente alla sequela di Gesù, dopo averlo pianto amaramente per l’esperienza del peccato e non più trovato nella tomba vuota illuminata solo dallo Spirito della Resurrezione all’oscuro del tempo e della sola ragione umana.

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