Fede, sessualità e ... il contorno di tutte le relazioni. Un trinomio inscindibile, disarmante ogni visione individualistica; un trinomio mal gestibile – sicuramente, anzi umanamente difficile – eppure, anche su questo risplende la luce del Cristo, perché in tutto il mondo creato pulsa la vita del Cristo.
Affrancarsi da una visione morale della fede e della sessualità, così come di una visione onanista, edonista, individualista, consumista, significa incamminarsi sulla strada della relazionalità dove acquista significato parlare di fede, sessualità e ...
Abbandonare la sessualità, significa mortificare la persona e lasciarla in un lato oscuro, anziché farla partecipe della gloria del Risorto. D’altra parte, abbandonare la fede, significa glorificare la vita affettiva, sentimentale e sessuale vedendo in queste energie vitali l’unico istinto capace di resistere alla morte. Scinderle, allora, significa dimenticare un Dio umile e presente fin nelle origini della nostra specie, fin dagli albori della nostra nascita; scinderle significa non rintracciare il significato personale di una chiamata e di un cammino.
Dunque, fede e sessualità, già un binomio arduo e difficile, ma comprensibile ed ostinatamente da tenere vivo e vicino, vivo ed efficace.
Il passo ulteriore, allora, è sicuramente non scindere il binomio dalla relazionalità. In questa visione ha dunque molta rilevanza parlare di “Fede, sessualità e ... famiglia, bambini, giovani, anziani, malati”, ad esempio, perché in ogni età della vita, ciò che noi sentiamo scorrere come un fermento e come un tormento, la sessualità appunto, ci appartiene e non ci abbandona, e costantemente ci interpella tramite l’attrazione, chiedendoci di aprire al nuovo, al diverso, all’indesiderato, e chiedendoci di usare la ragione ed il cuore per capire quali scelte operare ...
Però, in quella ragione ed in quel cuore, noi credenti vediamo anche la luce della fede, per cui parlare di fede senza la sessualità, sarebbe come idealizzare; mentre parlare di sessualità senza il discernimento dell’oltre alla vita terrena, sarebbe parlare di un uomo diviso a metà e mancante di una sua parte. Infine, parlare di fede e di sessualità senza interpellare tutte le nostre relazioni, sarebbe mitizzare sia la fede che tutti gli innumerevoli - presunti o tali - generi sessuali che culturalmente oggi sono presenti.
Fede, sessualità e rapporti/relazioni ci interpellano inesorabilmente, inscindibilmente, instancabilmente assieme perché scaturiscono dall’intimo del nostro esistere, dall’enigma e dal mistero che ci portiamo dentro come un progetto che attende di essere illuminato per perseguire il suo obiettivo.
Enigma e mistero, un progetto che chiede vigilanza e presenza, autenticità e conversione, natura e grazia. Forse sta qui la scaturigine di questo trinomio inscindibile: “fede, sessualità e ...”, di questo progetto che instilla nei pensieri – fin dal momento che abbiamo coscienza di vivere – la ricerca della libertà, della giustizia, dell’amore, della felicità ...
Le persone non sono tali in quanto individui, ma la loro – nostra – identità si manifesta e si realizza – sempre più – nel corso del tempo nelle relazioni, in rapporto a qualcuno (non a qualcosa di inanimato: ad una idea, ad una necessità/bisogno, ad un desiderio, ad una passione).
Tant’è vero che l’attrazione ci obbliga ad uscire allo scoperto, ad ammettere la nostra fragilità, ad ammettere – per la nostra pienezza – l’altro, l’altra persona, non solo me stesso.
Quindi non ha senso parlare di “orientamenti” o di “identità” se non riusciamo ad allargare la discussione – da un mondo ristretto, ma necessario quale quello scientifico con le sue ricerche e scoperte in campo genetico, biologico, psicologico, sociologico etc. – ad un modo di vedere la persona nel suo tessuto relazionale, in cui fede, sessualità ed ogni rapporto contribuiscono alla sua crescita, ai suoi orientamenti, alla sua identità e al suo progetto di vita, appunto.
Noi siamo chiamati a liberare le persone affinché - nell’incontro salvifico col Risorto - scoprano la loro vera vocazione, la pienezza della loro realizzazione; siamo chiamati a sostenere il cammino di ciascuno affinché enigma e mistero si svelino e si rivelino in ciascun progetto di vita in cui Cristo è fonte e volto autentico, non obbrobio od oppressione.
Tutto questo rientra nella fragilità delle persone e delle posizioni culturali, tutto questo richiama il senso del peccato – non della colpa o del senso di colpa – e ci mostra il candore e lo splendore dei limiti umani nel saper affrontare qualcosa che è ben più grande di noi: la fede, appunto, così come la forza rivoluzionaria della sessualità; o se vogliamo l’enigma ed il mistero.
Liberare dai sensi di colpa, dagli inutili sentimenti che opprimono, è il primo portato della Grazia preveniente, del soffio spirituale di un Dio misericordioso, tenero e compassionevole, che è presso di noi fin dagli albori.
La generosità di ogni relazione ci induce a meditare, a farci umili, a lodare.
Se non faremo così lasceremo tutta la nostra vita condotta dagli istinti, ma gli istinti non rivelano né l’enigma, né il mistero, né tanto meno riescono ad oltrepassare la morte o a dare un senso al nostro impegno nella società o verso gli altri.
Affrontare il trinomio inscindibile aiuta, dunque, anche ad affrontare altri campi del vivere umano, come ad esempio “fede, sessualità e ... professione”, “fede, sessualità e ... politica”, oppure “fede, sessualità e ... omosessualità”, “fede, sessualità e ... transessualità”, “fede, sessualità e ... riscoperta del creato”. Ma aiuta anche ad affrontare i campi del vivere del credente, del cristiano, del campo ecclesiale: “fede, sessualità e ... comunità”; “fede, sessualità e ... pastorale” non sono oggi aspetti né secondari, né da sottovalutare.
In fin dei conti il trinomio indissolubile, che lega fede, sessualità e relazionalità, ci impegna a riflettere tra fedeltà e discernimento della chiamata - che ciascuno di noi riconosce nel suo essere enigma e mistero - per il bene comune; una chiamata che per un cristiano è voce di Cristo, ma che per un non credente è comunque profonda ricerca di senso.
Anche la continenza – ovvero la castità, che non è mai l’assenza di sessualità – in tale ragionamento, allora, acquista un significato profondo, poco moraleggiante e ricco di senso, perché apre le porte a vivere la fede, la sessualità e ... la Carità in maniera originale, creativa e mai castrante.
Portare luce – tramite la fede – significa rintracciare un senso vero ed autentico – nelle cose ordinarie presenti in natura – e riordinare, esaltare le proprie potenzialità per il bene comune, che è sempre quello di ciascuno e di tutti assieme, al di là di ogni tabù.
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10 commenti:
Mah, senti, dal mio punto di vista si parte da un assunto sbagliato o che perlomeno non tutti condividono. Infatti io, che non ho fede, riesco a scinderla facilmente dalla sessualità, che invece è una parte importantissima della mia vita.
D'altra parte, la fede è qualcosa di fortemente legato alle sovrastrutture culturali, mentre la sessualità è parte inscindibile (stavolta sì!) del nostro intimo, del nostro essere persone.
Io non credo che la fede sia davvero un moto interno, né che sia una esigenza irrinunciabile, tutto il contrario della sessualità, insomma. Chissà, forse gli atei come numero si equivalgono con i casti, ma trovo molto più innaturale rinunciare al sesso che rinunciare a dio.
Da pragmatico, laico e anticlericale quale mi ritengo, credo sarebbe molto più interessante una discussione sul rapporto tra istituzioni religiose e sessualità.
Carissimo marchese, è interessante l'invito, perché - come è ovvio e come è la mia natura - non lo prendo come una provocazione. Si tratta di umano, cioè voglio dire, parlando di sessualità, si parla comunque di umano. Comprendo la tua difficoltà o la tua visione culturale della fede. A questa tua non mi oppongo. Certo, laicamente o da ateo o da anticlericale, come ti professi, potresti comunque affrontare la questione delle relazioni, oltre le pulsioni ed i moti intimi ed interiori che - come tu affermi - la sessualità porta con sé. E' interessante la continenza, non perché questione morale, ma solo perché legata alla gioia, alla bellezza e alla verità dei rapporti umani. Una sessualità senza continenza non sarebbe umana, almeno su questo, penso che ci possiamo trovare d'accordo. Infine, trovo riduttivo parlare del rapporto tra istituzioni e sessualità. Ripeto riduttivo, non inutile. Aspetto da te qualche ragionevole, laico, coraggioso, equilibrato contribuo per affrontare la tematica che mi suggerisci e dalla quale non mi traggo in disparte.
Aspetto tue nuove.
Tuo affezionatissimo
F.C.C.
La sessualità dovrebbe rientrare nella sfera delle scelte umane, ultimo baluardo della manifestazione della propria identità. Se filtrata dalla "luce" della fede ovvio che tutto cambia. Se il proprio corpo viene inteso come segno tra i segni del progetto divino il proprio sesso non è più una scelta. Perchè di scelta a mio modo rimane, anche quella contronaturale di svincolarsi proprio organo sessuale, quello con cui nasciamo.
Caro VelaPoma, tesi interessante, ma non vedo questo "asetticco" distacco da ciò che ci porta luce attraversando - da quando nasciamo - tutto il nostro corpo, tutta la nostra esistenza: la luce della fede.
Interessante anche ciò che tu affermi a riguardo della scelta delle scelte: l'essere altro, il diventare l'altro e quindi anche l'altro sesso.
Ma è proprio qui che il dibattito può ottenersi maturo ed autentico, capendo quando a questa scelta umanamente si deve e si può pervenire.
Caro VelaPoma, come immagino tu possa sapere, non trovo obbligatorio che l'uomo realizzi tutto. L'uomo è anche il limite ed il limite va pur superato, ma con ragione e senso, ed all'interno di una forte relazionalità: l'amore.
La fede, a mio avviso, con la sua luce non abbaglia, non oscura, solo dona un cammino, svela e rivela l'enigma ed il mistero: l'amore.
La ricerca della libertà passa attraverso l'amore, tangibile realtà umana che cura che svela e rivela l'enigma, ed apre al mistero.
Io sono se sono amato, anzi io sono se amo.
Non si ha identità in sé, senza amore: amerai il prossimo tuo come un altro te stesso, dice la Bibbia. Nella scala dell'amore assoluto, Dio, si pone a questo livello: amerai il tuo Dio con tutto te stesso ...
Umilissimo Dio ...
Per me il sesso è una forma di comunicazione, la più profonda che l'uomo ha a disposizione. E come tutte le forme di comunicazione, è l'uso che se ne fa a qualificarla: possiamo comunicare allo stesso modo concetti profondissimi oppure incosistenti stupidaggini...
E' questo secondo me il motivo per il quale le istituzioni religiose (ma non solo) cercano da sempre di limitare e regolamentare la sessualità, per cercare di controllare questa forma di comunicazione così potente. Ha ragione VelaPoma quando afferma che la sessualità è un'espressione dell'individuo, ed è proprio l'individuo che le Istituzioni vogliono disinnescare, schiacciandolo sotto il peso del peccato, del divieto e della morale. E infatti c'è qualcuno che è ancora convinto che si debba fare sesso solo per garantire la sopravvivenza della propria specie...
Carissimo marchese, le tue posizioni sono chiarissime, ma per disinnescare certi equivoci culturali e pregiudiziali, puoi capire, non sarà sufficiente la risposta a braccio, seppur mi impegnerò a darti una risposta ragionevole.
Certamente, il "potere" delle istituzioni e dunque l'uso "politico" che si può fare anche a livello religioso può condurre a ciò che tu chiaramente affermi essere l’oppressione dell’individuo, il suo controllo, anche relativamente alla sessualità.
Ma l’abuso del potere, nell’uso “politico” della “religione”, non è data dall’Istituzione religiosa in quanto tale, ma dall'uso che gli uomini fanno del potere. Ma il ragionamento, sai bene, potrebbe essere allargato alle istituzioni in genere, non solo quelle religiose.
Dunque, ti risponde il sottoscritto, il potere è necessario solo in quanto servizio.
Ma proseguo. E' bellissima l'immagine che tu dai dell'individuo libero, che cerca tramite la sua individualità, e dunque anche tramite la sua sessualità, di liberarsi da ogni vincolo schiacciante, opprimente, di ogni sovrastruttura socio-culturale (politica, economica etc.) imposta per controllarlo, ma fai anche confusione fra ciò che è un’istituzione religiosa e ciò che è un’istituzione politica o economica, oltre a fare confusione fra ciò che può essere la realtà ontologica del peccato - basta guardare il male presente nel mondo per capire che l'uomo è portatore dello stesso male - e la realtà, invece, del "senso di colpa" utilizzato da chi detiene un potere per manipolare l’uomo.
Semplicemente sovrapponi l’istituzione religiosa con l’istituto politico o i poteri economici, e sovrapponi una realtà ontologico – quale il male, ed il male che può fare l’uomo – con il sentimento della colpa che può essere generato senza che colpa possa essere commessa; inoltre, sembri sottintendere la negatività del potere in sé e non solo dell’istituzione religiosa.
Sul potere ti ho già risposto o se vuoi ti scriverò più ampiamente, ma esso è un bene nella misura in cui si mette a servizio dell’uomo. E ciò significa di tutto l’uomo e di ciascun uomo.
Sul peccato, ti dirò, se vuoi ragionevolmente comprenderlo, che ha un’essenza filosofica – e qui basta usare la ragione – ed anche teologica, ammettendo la fede: è il ribaltamento di Dio e della sua misericordia. Il peccato è, comunque, su di un piano profondo – ontologico – e quindi esistenziale, e riguarda ogni fragilità umana, dunque anche le istituzioni, sia quelle religiose che politiche. Per questo, se vuoi, è l’altra faccia della libertà. Se ti liberi, infatti, è perché c’è qualcosa che ti imprigiona dentro e fuori te stesso: dentro te stesso perché ti blocca e non ti fa essere pienamente te stesso, fuori te stesso perché c’è un uso del potere – ed è l’ambito politico, sociale, economico etc. - malevolo, opprimente, manipolante la persona.
E l'uomo è tenuto – ontologicamente, direi – su un piano della ragione e – teologicamente – sul piano della fede a liberarsi da ciò che lo opprime e non lo rende pienamente se stesso. E’ un obbligo ontologico della ragione naturale e – come credente – direi spirituale, prima che morale.
Quindi fai bene a combattere le istituzioni che opprimono, ma bisogna prima di tutto riconoscerle, non crearle.
Nella visione religiosa della fede, Dio non schiaccia, ma indica la via, la verità e la vita, addirittura per i Cristiani questa triplice via è una persona, Cristo stesso. E’ la sua presenza misteriosa nella storia che ci rende capaci di intraprendere il cammino della libertà.
L’istituzione religiosa, allora, nasce all’interno del cammino di fede, in cui il dono stesso della fede aiuta il credente a rintracciare i segni della presenza liberante di Dio. Dunque, la fede, ribalta la visione negativa dell’istituzione, perché non è né percepita, né vista come una semplice sovrastruttura di potere, ma come una parte necessaria – a servizio - della comunità dei credenti per il bene comune di tutti, e non solo di una parte.
E' l'uomo che scegli come usare le sue ricchezze, sia quelle naturali della sessualità e della ragione che quelle dettate dal riconoscersi potente, anche in ambito spirituale e dunque religioso, eppoi anche politico, sociale, economico etc.
La Bibbia, in questo, è piena di peccatori e di strutture di peccato che oggi si chiamerebbero “istituzioni”. Ciò non toglie che da sempre il credente che fonda il suo credo sulla Bibbia abbia letto la storia anche di peccato alla luce della Salvezza e non dell’oppressione, del Dio unico misericordioso e non spietato, che libera l’uomo caduto nel peccato, nelle maglie strette di ciò che lo rende malevole per sé e per gli altri.
Per il credente, che fonda il suo credo sulla Bibbia, anche il potere è stato redento, ciascuna istituzione umana errata viene redenta dall’incontro col Dio della Misericordia.
Amico caro, non tutte le istituzioni schiacciano e non tutta la storia può essere appiattita su di un pregiudizio che vorrebbe tutte le istituzioni religiose nemiche dell’uomo.
Se bastasse individuare nelle istituzioni per se stesse il “nemico”, millenni di storia sarebbero sconfitti in un attimo ed oggi tu saresti già felice. Ma già l’ombra dei tuoi turbamenti, come delle tue cadute e tristezze ti dice che non è tutta colpa di chi ti sta di fronte, o delle istituzioni che può rappresentare come cattolico, perché c’è una radice di male in ciascuno di noi anche se così non fummo creati, ma anzi creati fummo dalla Misericordia divina che ci voleva tutti belli e buoni e veri. Sicuramente le Istituzioni religiose hanno le loro colpe, ma noi singoli uomini siamo così buoni davvero? E la radice del male è piovuta come uno scherzo del divino su ciascun uomo per farsene beffe?
Ti invito a cercare i volti del vero ed unico Dio dentro e fuori tutte le istituzioni religiose e non religiose, essi sono quelli che si spendono per il bene comune, possono non essere credenti, ma sicuramente lottano e soffrono per liberare ciascun uomo da tutte le sovrastrutture, comprese quelle dei pregiudizi, perché comprendono che la vera libertà non si ha senza fraternità, senza solidarietà.
Da questo ambito non ne è assolutamente esclusa anche la sessualità, la quale – anch’essa – ha bisogno di essere ripulita: non solo perché sento una pulsione essa è da intendere – tramite la ragione – come liberante o come modello di vita da perseguire.
L’uomo fa del bene nel momento che muore a se stesso e libera se stesso anche da se stesso. Ma questo farsi del bene può avvenire solo nell’amore, altrimenti morire su se stessi, significa morire schiavi e non più liberi. Anche sessualmente può avvenire questo. L’amore cristiano, quello del Vangelo – anche con la ragione – propone una via, una verità ed una vita affascinante e liberante, per niente castrante.
Un abbraccio
Tuo F.C.C.
No no, non ci siamo... Le istituzioni religiose sono soprattutto delle istituzioni politiche, economiche e sociali... con tutto quello che questo può significare,a nche in termini di "bene" e di "male". Solo un pazzo o un invasato potrebbe negare che la chiesa cattolica, ad esempio, sia in realtà un'istituzione politico-economica, ed io credo che tu non sia né pazzo né invasato.
Sul fatto poi che l'amore cristiano proponga una ipotesi di vita "affascinante e liberante, per niente castrante" non mi pronuncio, non conoscendo così a fondo le scritture. Di sicuro però le istituzioni religiose (cattoliche, ad esempio) sono piuttosto castranti, o quantomeno limitanti... Infatti è innegabile come alcune spontanee e naturali (ontologiche?) espressioni della sessualità umana, come la masturbazione o l'omosessaulità, siano da sempre condannate e stigmatizzate.
Mio carissimo marchese, più va avanti questo scambio, più sento crescere l’affetto nei tuoi confronti. Forse, un grado di parentela, chissà un’amicizia, una fraternità naturale ed umana ci lega.
Mio carissimo, mi dispiace che tu possa darmi del pazzo, perché seppure è vero, la mia pazzia è per amore; un amore per Cristo e la sua Chiesa.
Ma tu mostri ancora di fare confusione, d’altra parte non ammetti la presenza di una forza spirituale, oltre quella umana, che è presente nella storia. Ciò mi fa accettare che tu mi giudichi pazzo e irragionevole, dunque.
Ma il cuore – come ben disse Blaise Pascal – ha una ragione che la ragione non ha, o se vuoi come disse Antoine de Saint Exupery, l’essenziale è invisibile agli occhi.
Con ciò, da come argomento e dall’uso che io stesso faccio della ragione, puoi ben capire che sono uno dei più grandi assertori che le verità – così come la giustizia – umanamente si ricercano con l’uso della ragione, ma una ragione illuminata da ciò che da senso e libera l’uomo da tutti i suoi vincoli in vista del bene comune.
Mi spiace che tu possa vedere nella masturbazione – e mi spiace che tu la paragoni all’omossessualità, che è su di un altro livello parlando di sessualità, avendo essa a che fare sia con gli orientamenti sessuali, sia con la stessa identità di una persona – una forma di neutra pratica che è indifferente in tutte le età dell’essere umano.
Il cuore della saggezza cristiana non sta nel divieto: così mi spiace – e di questo ti chiedo perdono a nome della stessa Chiesa – se tu hai incontrato educatori fallaci o se così hai vissuto la tua infanzia accanto a cattivi maestri cristiani. Ma il cuore della saggezza umana e spirituale cristiana – così come è tramandato dal cattolicesimo – sta nell’amore verso il prossimo traguardato sullo stesso piano di noi stessi.
Come puoi ben capire ogni pratica sessuale che riveste una certa valenza ideologica o idealizzata come bene in sé o indifferente rispetto al valore dell’amore fraterno, limita l’amore verso il prossimo. Mettersi al centro e mirare al proprio ombelico – omphalos in greco – implica la visione ego-centrica dell’individuo umano, mentre il cristianesimo, così come lo tramanda la tradizione cattolica, decentra il centro. Dice all’uomo di non essere più individuo, ma persona; gli dice: “ehi, guarda fuori”, per ricordargli che il vero centro della sua vita non è lui stesso, ma Cristo che è rintracciabile in ogni altro se stesso.
Ama il prossimo tuo, egli è un altro se stesso.
Questo è l’inscindibile comandamento dell’amore cristiano, legato all’amore assoluto nei confronti del Dio unico, grande nell’amore, nella compassione e nella misericordia.
Io personalmente non ho una visione particolarmente accentuata della masturbazione, essa sicuramente fa parte della nostra esperienza umana, ma trovo umanamente saggio vederla con distacco e disincanto. Essa non mi fa essere né libero, né tanto meno “più me stesso”, ma anzi se praticata di regola esalta un individuo che non riesce a rinunciare a se stesso e al prorpio piacere.
Altra è la sessualità che matura in un rapporto di amore, dove l’amore genera amore e vita.
Abbi più fede, a volte, significa anche: rintraccia in chi ti sta di fronte – seppur non lo comprendi fino in fondo – semi di verità che ti liberano e che ti fanno intravedere gioie grandi.
Io personalmente non esalto la masturbazione. Essa è uno specchio fallace.
Tuo sempre più affezionatissimo
F.C.C.
Carissimo,
non ho paragonato la masturbazione all'omosessualità, le ho accostate soltanto perché, da sempre, sono due argomenti legati alla sessualità che l'istituzione religiosa cattolica (ma non solo) vorrebbe regolamentare o addirittura eliminare. Avrei potuto citare anche i rapporti orali o i rapporti anali eterosessuali, o comunque tutto ciò che non è legato strettamente alla riproduzione.
Ripeto, per me la sessualità è una forma di comunicazione e di interazione fra gli individui, e non necessariamente deve coinvolgere sempre i massimi sistemi. A volte, può essere semplicemente un bel gioco.
Poi volevo anche dirti che non credo nelle istituzioni in sé, come concetti/entità a se stanti, ma che preferisco parlare degli uomini che le costituiscono. E siccome ci sono uomini buoni e uomini meno buoni, le istituzioni non potranno che riflettere questa spiacevole varietà.
Si può sapere cos'hai contro la masturbazione?
Suvvia, è semplicemente "sesso con qualcuno che ami" (Woody Allen).
Un abbraccio.
Carissimo Marchese, buona l'ultima!
Ho riso con molto piacere ...
Non, mio caro, non ho proprio niente contro le varie forme di espressione, ammesso che siano solo espressioni, del linguaggio corporale.
Ma tu sei fermo ad una visione "cattolica" che oggi non le appartiene più. Mi dispiace, ancora, che tu voglia "istituzionalizzare" una chiesa che prima di tutto è "comunità", anche perché non sono stato certo io a fare la casistica degli atti leciti/illeciti.
Codesta, mio caro, è una visione vetero-cattolica ed oggi appartiene solo ad una visione atea della vita moralistica o moraleggiante.
Non a caso il mio intervento su "fede, sessualità e ..." imposta la tematica tralasciando l'ambio prettamente morale, in quanto tornare su questo farebbe diventare un orecchio, come un qualsiasi altro arto, un gigante fuori scala rispetto al corpo.
Se qualcuno sta idealizzando la sessualità, in questo momento, non sono certo io, riflettici su questo.
Tu ti attardi su di una visione della sessualità onanistica, che poco ha a che fare con la sessualità come comunicazione. Infatti, in questa visione "relazionale" della sessualità, l'uomo non basta a se stesso, e non "usa" la sessualità come espressione, ma tramite essa scopre la sua chiamata all'amore e al dono reciproco. Sessualità e genitalità sono essere realtà distinte in continuo scambio reciproco ricco di senso.
Hai detto bene, per te la sessualità è espressione, per me cattolico, cristiano, credente, la sesualità è comunicazione, relazione, incontro, ricerca, dono. E attraversa ogni relazione, ogni rapporto, sapendo condurre la propria genitalità.
Il corpo per me è un dono ricevuto con il quale mi misuro in ogni relazione.
La fede e la sessualità, non solo non sono scisse in questa ottica, ma fondano ogni relazione.
Non mi interessano le semplici "espressioni", come in tutti i linguaggi le frasi sono tante e varie e assumono significati e conseguenze diverse a seconda di come sono intenzionalmente usate.
Nella sessualità, il corpo è la parola prima ed ultima, ma attraverso di esso passa tutta la nostra capcità di amare. Un uso come un altro può essere indifferente solo per il rispetto che avremo per noi stessi e per l'altro.
Ama il prossimo tuo, egli è un altro se stesso.
Non ho un idolo della sessualità.
Essa parla dell'amore di Dio per le sue creature.
Se tutto io posso, cosa è che giova alla pienezza dell'uomo.
Sono stato bambino, poi ragazzo, poi giovani ed ora adulto. Ogni stagione ha avuto i suoi passaggi. Quando ero piccolo usa il mio corpo per comprendermi ed arrivare agli altri. Oggi, da adulto, vedo nel corpo un dono grande per arrivare a tutti nella continenza degli atti e dei pensieri. Ho adottato un linguaggio da adulto, le espressioni del corpo le conosco tutte e non mi scandalizzano.
Con affetto
Tuo. F.C.C.
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