lunedì 22 ottobre 2007

Il bacio non dato

«La vita non è statica, ma estatica. In cammino verso qualcosa che è al di là da sé. L'essere è estasi, è divenire, movimento, diffusione di sé. attrazione. La vita avanza per passioni non per ingiunzioni. E la passione nasce da una bellezza. Acquisire fede è acquisire bellezza del vivere: è bello amare, sposarsi, generare, godere della luce e degli abbracci, gustare l'umile piacere di esistere; è bello essere di Dio ed insieme del mondo; è bello attendere e stare con l'amico perchè tutto va verso un senso luminoso e positivo, nella finitezza e nell'infinito. La vita non è etica, ma estetica. Nel suo senso letterale estetico significa sensibile; il suo contrario non è il brutto, ma – letteralmente – l'anestetico, l'insensibile, l'immobile. Ogni vivente ha una vita affettiva, parte alta e forte della sua identità,necessaria per essere felice. Possiamo negarla ma non eliminarla. La dimensione degli affetti, fondamentale per l'equilibrio della persona, necessaria per vivere (se non amiamo, non viviamo:1 Gv 3,14) e per vivere con gioia, è un autentico luogo teologico: l'amicizia rivela qualcosa di Dio. Ogni vivente nasce come persona appassionata, e quel malinteso spirito religioso che ci spinge a negare le nostre passioni inaridisce le sorgenti della vita e rende molti cristiani predicatori di cose morte. Bisogna non tanto soffocare, ma convertire le passioni; non raggelare ma liberare i desideri per desiderare Dio. Soltanto chi ama la vita è sensibile al richiamo del Vangelo: “Sono venuto perchè abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).

- Ami la vita?
- Sì amo la vita
- Allora hai fatto metà del cammino (F.Dostoevskij, I fratelli Karamazov)

Pascal afferma che la caratteristica di un'anima grande e pura è amare con passione, senza quella avarizia di sentimenti, senza quella parsimonia di emozioni con cui gestiamo abitualmente le nostre relazioni. La santità non consiste nella moderazione dei sentimenti. Dov'è mai questa moderazione nella Bibbia? (D. Bonhoeffer).

Se Dio è amore, lo si trova solo amando, non attraverso formule. Camminando attraverso l'umano si troverà Dio. Le nostre relazioni sono l'invenzione con cui Dio ci ama e ci insegna l'amore … L'amicizia, lo stare con l'amico o l'amica, è una rivelazione dell'innocenza e dell'eterna infanzia di Dio. Questa infanzia così facile al sorriso, al bacio, sempre pronta al gioco. Età incantata che non deve produrre o lavorare per sentirsi vera, ma che ha gioia; che non conosce l'ansia, talvolta la tortura, di perseguire un senso che trascende, una vita fatta di scopi. Infanzia: innocente preda di amori. Infanzia spirituale: paga di sè, del proprio dono, del miracolo di esistere insieme «L'amicizia percorre danzando la terra, recando a noi tutti l'appello a destarci ed a dire l'uno all'altro: felice!» (Epicuro).

Stare con l'amico è l'esperienza che da sola basta a riscattare i giorni oscuri, a redimere ore vuote e amare. “Gesù ne scelse dodici perchè stessero con Lui” (Mc 3,14) e poi, solo dopo, solo dopo l'esperienza di aver fatto casa insieme, dopo la costruzione di un legame che è la verità dell'uomo, li manda a predicare. Ma A DUE A DUE. Senza cose, ma non senza un amico. Un bastone per appoggiarvi la stanchezza, un amico per appoggiarvi il cuore …

L'amicizia è una risposta al desiderio che ti fa incontrare l'assoluto di ciascuno»

(tratto da “I baci non dati” di Ermes Ronchi)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

E un giovane gli chiese: "Parlaci dell'Amicizia".
E lui disse:
L'amico è risposta al vostro bisogno.
E' il campo che seminate con amore e che mietete con riconoscenza.
E' la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché a lui venite nella fame, e lui cercate per trarne pace.
Quando l'amico confida a voi il suo pensiero, non trattenete l'assenso della vostra mente
né risparmiategli il dissenso.
E quando è silente il vostro cuore non cessi di ascoltare il suo;
Poiché è senza parole che nell'amicizia ogni pensiero,ogni desiderio, ogni speranza
nascono e sono condivisi in silenziosa gioia.
Quando vi separate dall'amico non ci sia dolore;
Poiché ciò che in lui più amate vi apparirà più chiaro nell'assenza,
così come per lo scalatore la montagna più netta appare dalla pianura.
Non ci siano altri intenti nell'amicizia se non l'approfondimento dello spirito.
Poiché l'amore che non cerca unicamente di spiegare se stesso non è amore
Ma una rete lanciata innanzi: in essa si imprigiona solo ciò che non ha valore.
E che il meglio di voi sia per l'amico.
Se sapere deve il riflusso della vostra marea, che ne conosca anche il flusso.
Giacchè, cos'è l'amico vostro che dobbiate cercarlo solo per uccidere le ore?
Cercatelo con ore che han da essere vissute.
Poiché sta a lui colmare il vostro bisogno, non il vostro vuoto.
E nella dolcezza dell'amicizia ci siano risa, e la condivisione dei piaceri.
E' nella rugiada delle piccole cose che il cuore trova il suo mattino
E si rinnova.


K.Gibran

Anonimo ha detto...

Dare un saggio di me non è mai stato facile, farsi assaggiare per poi ritrarmi e creare desiderio non so se sono mai stato capace a farlo. Stavolta sono stato spregiudicato, ho giocato a carte scoperte fin dall’inizio, fregandomene delle reazioni, facendo subito capire la direzione che stavo prendendo e quello che volevo. Sabato ero lì per un motivo, perché C. è bellissima ed è a suo modo folle, anticonformista, una che se ne frega di quello che pensa la gente e forse un po’ anche di quello che pensa di sé. Molto probabilmente sono un carico troppo grande da mangiare una botta e via, dopotutto c’è tra noi un germe di amicizia o forse semplicemente non sono il suo tipo. Le ho scritto quello che penso e l’ho anche specificato. Lei si è spaventata, anche se con altri si è comportata in modo molto più spregiudicato. Io sono stato spregiudicato, non ho usato troppi giri di parole e non mi sono nascosto, l’ho accarezzata, l’ho presa per mano, le ho baciato i capelli, l’ho abbracciata da dietro mentre ordinava due caffè. E allora? Che cazzo dovevo aspettare? Adesso mi scrive che grazie per la mia mail, che si farà viva lei, che per me vuole un po’ dire non ci contare, che la sentirò chissà quando. Un po’ l’aspetto e un po’ no, come l’arcobaleno quando è piovuto, non certo come M. che l’aspettavo steso per terra in salotto pregando che il telefono suonasse. Non è questo, altri sono i tempi, altro sono io e altro è lei, non c’è paragone. Certo mi stupirebbe e sarebbe una gran botta di amor proprio riuscirci pure con lei, vorrebbe dire non aver mai fallito in campo aperto, vorrebbe dire avere quello che voglio quando davvero lo si può volere. Non mi metto limiti, non li voglio, voglio essere a mio modo sfacciato e sicuro di me, diretto come un treno che ti prende a duecento all’ora, che si capisca che non c’è spazio per i giochini, che il lupo è alla porta e per quanto tu possa nasconderti ti troverà e ti staccherà di dosso le risposte che vuole. Senza pietà, cazzo, sì, senza pietà. Che cazzo stiamo aspettando a quasi trent’anni, dietro quali specchietti per le allodole ci nascondiamo, dai… Poi può darsi che non le piaccia, che non sia il suo tipo. Per quanto mi riguarda lei mi intriga, perché è bella e anticonformista, perché è sexy e un po’ civetta, perché è cattolica a modo suo, di un credo che un po’ è stordito a contatto col mondo, che si lascia un po’ affascinare, com’è giusto. Che cazzo non siamo pezzi di legno o di muro, che c’abbiamo mille spigoli e lati sensibili e flessibili, che siamo fluidi e anche un po’ stupidi, che ci piace credere di far bene e che è bello così, che a volte ci piace raccontar bugie, soprattutto a noi stessi, che anche i propositi di coerenza sono cazzate, sono maschere che si sciolgono sotto le strobo da discoteca, dopo una tequila di troppo o forse solo perché ci hanno annoiato. Chi non ha mai creduto di poter fare tutto, di poter essere tutto, di resistere a tutto, anche ai colpi più forti e agli strappi secchi del cuore, ai crampi allo stomaco, ai brividi lungo la schiena. E chi non ha mia creduto di essere vivo solo negli schianti secchi, nelle esplosioni, nel dolore e nella gioia a brevi intervalli. Tardo-adolescenza, post-adolescenza, superomismo di ritorno, possiamo chiamarlo un po’ come vogliamo, ma se raschi in fondo tutto quello che rimane sono i percorsi individuali, le vite più vere e profonde del dolore che tu abbia mai provato, tutto quello che non puoi dire o definire, che scarta anche da queste stesse parole. A volte vorrei che tutto potesse bruciare di desiderio intorno a me, che tutto fosse vivo come di fiamma inesauribile, che splendesse di luce propria senza motivazioni imposte o valori aggiunti. Che cazzo vedeva Dio dopo la creazione? Che tutto era buono di per sé e non perché l’aveva fatto Lui, che certo Dio non è uno che né si loda né s’imbroda. E allora? Di tutta quel fulgore, di tutta quella luce, che ne abbiamo fatto? L’abbiamo chiusa nei nostri cassettini a tenuta stagna, l’abbiamo sezionata e catalogata, l’abbiamo soffocata finché non fosse grigia e viola, finché non riuscisse a entrare nei nostri crani rinsecchiti. Bell’affare… Non mi vorrei mai stancare della vita in quei pochi momenti che arriva così, improvvisa e potente, perché allora dovrei contenerla quando succede. Quale misura dovrei imporle? Possiamo misurare la vita, la Vita stessa quando ti travolge e ti sconvolge fino all’estrema gioia, fino al pianto? Se la Vita non ci crocifigge addosso all’evento, all’inaspettato, all’incalcolabile, che possibilità abbiamo? Saremmo solo superfetazioni di materia organica, in questo nostro Occidente sovralimentato e sovrastimato, costruito sui castelli di carta della finanza, sui tabelloni elettroni delle Borse mondiali.
Se l’acqua è abbastanza profonda, è sempre meglio tuffarsi, lo stile si farà.